«Ci sono giorni che proprio non vanno. Un magone in gola, un peso sul cuore, un macigno allo stomaco. Quarantuno anni e ancora mi sento sbagliata, inadeguata, non adatta a stare in trincea.
La trincea è la vita, c’è sempre qualcuno o qualcosa da combattere, zaino in spalla, un pezzetto di cioccolato ogni tanto, schivi i colpi e speri di non essere il prossimo»: sono le parole di Elsa, la protagonista del romanzo “In un limbo d’amore” di Diamante Faggiano. La donna sta ripercorrendo parti del suo passato scrivendo una lettera a sua madre, che è malata di Alzheimer e non può più confrontarsi con la figlia; Elsa rievoca la sua difficile infanzia accanto a lei, che non le ha mai dato amore e che l’ha sempre fatta sentire sbagliata. Nei suoi ricordi c’è tutta l’amarezza di una figlia che si è sentita abbandonata e che non ha trovato nella madre quel punto fermo che le sarebbe servito per crescere in modo sano; Elsa è infatti una donna complicata, che fa fatica a relazionarsi con gli altri perché arriva sempre quel mostro interiore che si impossessa di lei e che le dice che non vale niente e che non merita l’affetto che desidera.
La protagonista si confessa con il lettore e racconta dei suoi travagliati anni adolescenziali e della sua crescita, fino ad approdare all’età adulta; nonostante i suoi traumi infantili ella è miracolosamente riuscita ad affermarsi nella sfera professionale: Elsa è infatti un magistrato di successo. Ciò che però non è mai riuscita a superare è la sua ferita di non amata; la sua fame d’amore non si è mai placata e ha disperatamente cercato approvazione in ogni persona che incontrava - «Cerco di piacere sempre a tutti, ma è una fame che non si placherà mai, in mille persone cercherò te, ma loro non saranno mai la mia mamma». L’autrice ci racconta questa emozionante e dolorosa storia di formazione in cui una donna fragile cerca il coraggio di fortificarsi e di cambiare il suo destino.
Sebbene ora abbia una figlia che le fa provare quell’amore puro che ha sempre ricercato, Elsa ha un conto aperto con la madre che non potrà mai chiudere con lei, che ormai è assente. La protagonista decide quindi di percorrere per entrambe la strada del perdono e della guarigione, per poter accettare anche le ombre, e per poter guardarsi e guardare sua madre con compassione e non più con rabbia.
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